TRACCIA PASTORALE 2010-11 Stampa
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“Li ascoltava e li interrogava”

Lc 2,46

 

Perché questo tema

 

La scelta dell’icona biblica tratta dal Vangelo di Luca fa riferimento ad un momento particolare della vita di Gesù: anche lui ha vissuto l’esperienza tipicamente umana della famiglia. A sua volta, anche la famiglia di Nazaret vive un momento particolare del suo legame con la tradizione religiosa ebraica. Infatti, Gesù è nel tempio di Gerusalemme perché i suoi genitori, come tutti i pii ebrei, si sono recati là per il pellegrinaggio annuale.

Abbiamo scelto questa icona biblica con l’intento di orientare la riflessione e l’impegno del prossimo Anno pastorale sulle nostre famiglie.

Questa scelta, oltre a tener conto di una responsabilità che avvertiamo come Parrocchia, è suggerita dal cammino che la nostra Diocesi sta percorrendo in questi anni, ma allo stesso tempo, si inserisce nella preparazione al III Convegno Ecclesiale Pugliese che si celebrerà nel prossimo maggio e che avrà come tema: “I Laici nella Chiesa e nella società pugliese”.

A questi riferimenti, a livello diocesano e regionale, si aggiunge la scelta dei Vescovi italiani che, con gli Orientamenti Pastorali per il prossimo decennio invitano a guardare alla “sfida educativa” nella nostra società.

 

La spiegazione del tema

 

“Li ascoltava e li interrogava”: il versetto che sintetizza l’icona biblica da noi scelta, attribuito all’atteggiamento di Gesù tra i dottori nel tempio di Gerusalemme, rimanda a due tratti particolari della relazione tra le persone: l’ascolto e il dialogo. Sono i due aspetti sui quali intendiamo lavorare perché possano diventare uno stile di vita nelle nostre relazioni.

 

L’arte dell’ascolto

 

Prima l’ascolto, poi il dialogo. Non può esserci dialogo se prima non c’è ascolto. Dobbiamo riconoscere che l’incapacità a mettersi in ascolto è un ostacolo per un rapporto sereno e costruttivo tra le persone. E’ nota l’affermazione attribuita al filosofo Epicuro:  “Dio ci ha dato due orecchie, ma soltanto una bocca, proprio per ascoltare il doppio e parlare la metà”.  La stessa fede di Israele trova il suo punto di forza in questo atteggiamento: “Ascolta, Israele”. Se Israele non impara prima ad ascoltare Dio, non potrà riconoscerlo come suo unico Signore (cf Dt 6). Se questo è importante nel rapporto con Dio, è altrettanto fondamentale nel rapporto con le persone: se non ascolterò l’altro non imparerò a conoscerlo.

 

L’arte del dialogo

 

Nel tempio di Gerusalemme, Gesù prima ascolta e poi interroga. Per noi è più logico pensare il contrario: prima interrogo e poi ascolto la risposta. Ma in questo atteggiamento di Gesù l’ascolto non è quello della risposta alla domanda: è prima di tutto ascolto dell’altro. E’ dall’ascolto che nasce il dialogo, e se oggi questo riesce un po’ più difficile è perché il dialogo comporta anche il coinvolgimento del corpo, e degli occhi in particolare. Dialogare significa essere di fronte all’altro per guardarlo, senza travolgerlo con le mie parole.  Se oggi ci riesce un po’ più difficile intessere un dialogo, forse  è perché ci stiamo abituando ad avere di fronte solo uno schermo, quello del computer, della televisione o del nostro cellulare.

 

L’arte di educare

 

Allo stesso tempo, Gesù che ascolta e poi interroga è immagine del bambino che guarda e poi chiede. I tanti “perché” dei piccoli nascono da quello che vedono fare o sentono dire dai grandi. Emerge, in questo senso, la responsabilità dei grandi verso i piccoli, a cominciare dai genitori, ma senza dimenticare la responsabilità di insegnanti ed educatori. Cosa vedono o cosa sentono i piccoli quando guardano il mondo dei grandi? Non dobbiamo meravigliarci del loro linguaggio o dei loro gesti se essi li hanno imparati da noi. La “sfida educativa” si gioca soprattutto e prima di tutto nel rapporto tra genitori e figli.

L’obiettivo del nostro tema

 

Il tema che intendiamo affidare al nuovo anno pastorale impone un obiettivo che orienti le attività e le scelte della nostra Parrocchia.

 

La famiglia

 

Una prima realtà a cui dobbiamo fare riferimento è quella della famiglia. E’ necessario che in questo anno la nostra Parrocchia ispiri ad essa le sue scelte e il suo impegno. In particolare, dobbiamo fare riferimento almeno a due realtà che ci riguardano immediatamente: le famiglie dei bambini del cammino di iniziazione e le coppie giovani, fidanzati compresi.  Ma il nostro impegno non può essere un percorso a senso unico, cioè mirato alle famiglie che frequentano la Parrocchia. Dobbiamo anche preoccuparci di andare noi verso le famiglie che non frequentano.

A questo proposito, come sacerdoti abbiamo fatto la scelta di dedicare nel prossimo anno pastorale un tempo particolare in cui fare visita ad alcune famiglie del nostro paese, scegliendo eventualmente ogni anno una zona pastorale.

 

Bambini e ragazzi

 

La scelta pastorale della nostra Diocesi e quella che impegnerà la Chiesa Italiana nei prossimi anni, chiede di dedicare  maggiore attenzione ai bambini e ai ragazzi che frequentano la parrocchia. Preoccuparsi di loro non significa necessariamente moltiplicare le attività, quanto piuttosto mirare alla qualità del tempo che si dedica loro.  Il nostro impegno, quindi, dovrà essere quello di ridare slancio e spessore a tutto quello che si fa per loro. In particolare, è necessario dare maggiore sostegno ad esperienze come il “Progetto I care” e al nascente “Oratorio”. Allo stesso tempo, dobbiamo fare in modo che, sia il catechismo che il cammino di fede, non siano esperienze legate esclusivamente ai sacramenti, ma sappiano offrire ai bambini e ai ragazzi una proposta più ampia  della fede. E’ superfluo sottolineare che per poter realizzare tutto questo occorre molta più disponibilità di tempo e di energie da parte degli adulti.

 

La realtà giovanile

 

Un’attenzione particolare dobbiamo riservare ai nostri giovani e giovanissimi. Ma dobbiamo essere attenti a non lasciare che la nostra attenzione si trasformi in una delle solite riflessioni su di loro. Piuttosto che parlare di loro, dobbiamo avere la premura e la pazienza di saper  parlare con loro. E’ necessario saper dare vita ad un dialogo, che senza recriminare, e soprattutto senza giudicare il loro modo di fare, sappia mettersi in ascolto. Dobbiamo riconoscere che spesso abbiamo la presunzione di voler dare risposte a domande che loro non fanno. La nostra prima preoccupazione dovrà essere quindi quella di offrire una Parrocchia accogliente verso di loro. Ma dovranno essere in primo luogo i giovani della nostra Parrocchia a saper accogliere i loro coetanei senza chiudersi in un gruppo che, ripiegato su se stesso, diventa diffidente verso ogni nuova presenza.

 

 

Uno nuovo stile di vita

 

Lo slancio della prima comunità

 

La storia segna in maniera decisiva il cammino e il futuro delle persone, ma il cristiano non può limitarsi a leggere la storia; egli, come i Profeti,  deve anche saper  scorgere nelle sue pieghe la presenza stessa di Dio. E’ questo il motivo per cui, in questo anno ci accompagnerà la lettura e la meditazione del libro degli Atti degli Apostoli. La storia e il cammino della Chiesa primitiva potrà aiutare la nostra comunità a ritrovare l’entusiasmo di una fede che non si arena tra gli scogli del passato, ma sa trovare nel Vangelo lo slancio per portare Cristo all’uomo di oggi. Spesso, il cordone ombelicale che ci lega al “si è sempre fatto così” può diventare l’alibi di una pigrizia pastorale che preferisce il vecchio per non correre rischi con il nuovo. La Pasqua di Risurrezione che è fondamento della nostra fede, è anche saper morire al passato per rinascere al presente.

 

Realizzare la comunione

 

L’obiettivo a cui dobbiamo tendere non chiede di fare di più, ma chiede di fare meglio. Dobbiamo fare tutti lo sforzo di convertirci ad uno stile di vita capace di andare incontro agli altri senza pregiudizi. Scrive sant’Agostino: «proprio dove, secondo il comando del Signore, dovrebbero riconciliarsi con i fratelli e offrire insieme il loro dono all’altare, proprio là sono divisi dalla discordia» (Le Lettere I, 108). Non è difficile cambiare stile, basta volerlo. Col la grazia del Signore dobbiamo costruire una comunità capace di ascoltare e dialogare. Dobbiamo avvertire tutti il desiderio di rinnovarci, e il desiderio nasce dall’amore, non dalle rivendicazioni. La Parrocchia non è un’azienda che misura la sua efficienza e il suo successo sulla produzione, cioè sul numero delle sue attività. Ciò che caratterizza una Parrocchia è la comunione tra le persone, e in questo anno il nostro impegno dovrà essere proprio quello di curare i rapporti tra noi e con gli altri, rendendo la nostra Chiesa un luogo dove tutti si sentono accolti.

 

Conclusioni

Sarà sufficiente uno sforzo di buona volontà da parte di tutti. Dove prevale il protagonismo e la presunzione è difficile creare un sereno clima di comunione.

Dobbiamo prima di tutto imparare ad amare un po’ di più la nostra Parrocchia, consapevoli che, come tutte le cose che si amano, essa può essere a volte motivo di vanto e altre volte motivo di sofferenza.

Un modo concreto di amare è quello di servire senza recriminare. Dobbiamo riconoscere con onestà che molti tra noi vivono il servizio che è loro affidato come una questione di prestigio personale, quasi una proprietà da difendere.  Non potrà mai crescere la comunione tra le persone se ci sarà sempre qualcuno preoccupato di difendere o rivendicare il suo ruolo.

Il Signore ci aiuti a portare frutto là dove ci ha seminati e benedica il nuovo tratto di strada che si apre davanti a noi.

don Mimmo

don Domenico

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