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Bitritto 21 febbraio 2011

INCONTRO CON GLI AMMINISTRATORI LOCALI

 

“Edificare la città degli uomini

per camminare verso quella di Dio”

 

 

Avverto il dovere e il desiderio, all’inizio di questo nostro incontro, di ringraziare gli Amministratori per aver accolto il nostro invito. Non è una formalità, ma sincera gratitudine, perché sono consapevole che la vostra presenza è segno di stima nei nostri confronti, e assicuro che tale stima è ricambiata.

Il nostro incontro apre la preparazione alla festa della nostra Patrona, una festa che, pur avendo un carattere spiccatamente religioso, tuttavia coinvolge l’intero paese. Sappiamo che la responsabilità di una Parrocchia tocc la sfera spirituale, mentre l’impegno degli Amministratori è rivolto ai bisogni concreti dei cittadini e alle esigenze che la vita comune chiede di soddisfare. Tuttavia, pur operando in ambiti diversi, la Parrocchia e l’Amministrazione comunale hanno in comune il soggetto al quale è rivolto la propria attenzione: la persona e, in modo particolare la vita in comune delle persone.

Perché allora questo incontro? Perché vorremmo che la festa patronale, dal momento che coinvolge un intero paese, possa diventare occasione per una riflessione ulla vita concreta di Bitritto, sulle sue esigenze, e in modo particolare sul suo futuro, perché non dobbiamo dimenticare che abbiamo in comune una grande responsabilità nei confronti delle nuove generazioni. Dobbiamo chiederci infatti: quale paese vogliamo costruire per noi e per le generazioni che verranno dopo di noi?

Come cristiani non possiamo sottrarci a questo impegno, perché la fede, quella autentica, chiede ai cristiani di vivere nel mondo, non fuori di esso. I cristiani sanno che la storia della salvezza passa attraverso la storia concreta degli uomini, della vita di un popolo. Ed è questo il motivo per cui abbiamo scelto come tema della nostra festa “Edificare la città degli uomini per camminare verso quella di Dio”.

Un antico testo cristiano del II secolo, nel quale un autore anonimo risponde ad un certo Diogneto su ciò che caratterizza la fede e la vita dei cristiani, riporta delle affermazioni importanti per il nostro tema. Al capitolo V leggiamo:

 

V. 1. I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini. 2. Infatti, non abitano città proprie, né usano un gergo che si differenzia, né conducono un genere di vita speciale… 5. Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera… 9. Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo. 10. Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi.

 

D’altra parte è Cristo stesso che invita i suoi discepoli ad essere “luce e sale della terra”, quindi non chiede loro di vivere fuori dal mondo, ma di abitare il mondo dando testimonianza della loro fede.

Il tema che abbiamo scelto conferma, quindi, una responsabilità che come cristiani non possiamo ignorare. Siamo chiamati a dare, ciascuno secondo le proprie capacità, un contributo concreto per costruire la storia di questo paese.

E’ importante ricordare che, lo stesso impegno che mettiamo nel mantenere vive le nostre tradizioni, nel salvaguardare quello che i nostri antenati ci hanno lasciato, deve essere unito allo stesso impegno per costruire il futuro del nostro paese guardando a quelle che possono essere altre possibilità perché il nostro paese sia luogo nel quale ognuno può vivere serenamente e con dignità la sua storia. Si può dire che ognuno deve mostrare verso il proprio paese lo stesso sforzo che non esita a dare nei confronti della propria famiglia, perché “La città è una grande casa per una grande famiglia”, secondo un’idea formulata da Leon Battista Alberti, grande architetto e scrittore del 1400.

I cristiani non possono restare quindi alla finestra, limitandosi a giudicare e, peggio ancora a condannare quello che accade nel loro paese. Vivere la fede entro le mura della Chiesa non risponde alle esigenze del Vangelo. Dobbiamo edificare insieme questa nostra città. Ed è a questo proposito che mi permetto di sottolineare almeno tre aspetti concreti, verso i quali dovrebbe orientarsi la nostra riflessione e il nostro impegno.

 

 

La vita politica

E’ sempre più diffusa la mentalità che la politica sia questione nella quale è meglio non entrare. Ma è un’idea errata, e per certi versi troppo comoda per non assumersi le proprie responsabilità.

Sappiamo che la prima definizione di “politica” risale ad Aristotele e riguarda appunto la “polis” (la città), ed in particolare l’arte di governare la città. Il filosofo affermava che solo l’uomo può essere politico, perché la sua vita è legata a quella degli altri, e la forma tipica di questa vita comune è appunto la “polis”, la città.

E’ in modo particolare questo aspetto sociale della politica, cioè il legame con gli altri uomini, a chiamare in causa il credente. Sappiamo bene come un aspetto continuamente richiamato da Gesù nei Vangeli è la relazione tra gli uomini animata dall’amore fraterno, soprattutto verso gli ultimi, cioè i più poveri.

Scrive Giorgio La Pira, Sindaco di Firenze dal 1951 al 1965:

“Le città hanno una vita propria: hanno un loro proprio essere misterioso e profondo: hanno un loro volto: hanno, per così dire, una loro anima ed un loro destino: non sono cumuli occasionali di pietra: sono misteriose abitazioni di uomini e più ancora, in certo modo, misteriose abitazioni di Dio”

(Discorso al Convegno dei Sindaci delle Capitali di tutto il mondo, 2 ottobre 1955).

 

E’ necessario ridare slancio a questa dimensione politica della vita e non pensarla come una vicenda di pochi, e peggio ancora, come una vicenda torbida dalla quale stare lontani. Paolo Vi affermava che “La politica è una maniera esigente - ma non è la sola - di vivere l’impegno cristiano al servizio degli altri” (Octogesima adveniens, 46).  I cristiani dovrebbero essere i primi a sentirsi interpellati dall’impegno politico, vissuto come servizio al bene comune. Anche se dobbiamo riconoscere che molti politici, pur rivendicano il nome di cristiani, non danno buona testimonianza a tale nome.

La politica è un’arte, e come tale va coltivata e affinata. Fino a trent’anni fa erano i Partiti politici che, proprio nei paesi, si prendevano cura di coltivare il senso della politica, soprattutto nelle nuove generazioni. Questa presenza contribuiva a creare anche un certo dibattito all’interno dello stesso paese. Ma oggi, spesso le sedi dei Partiti vengono aperte solo in prossimità delle elezioni, mentre le sedi che si diffondono sempre più sono i circoli ricreativi che non hanno alcuna finalità educativa e distolgono dalle proprie responsabilità nei confronti del paese e, purtroppo anche delle famiglie.

Mi permetto di dire che un aspetto fondamentale dell’impegno di una Amministrazione locale deve essere proprio quello di sollecitare e coltivare l’impegno politico di tutti, soprattutto delle nuove generazioni. Ma questo è possibile realizzarlo, non solo con l’istituzione di luoghi appropriati o programmando varie iniziative, ma soprattutto attraverso lo stile di vita che gli stessi Amministratori sanno testimoniare. Non possiamo sottovalutare i danni che sta provocando la crisi morale che in questo periodo sta tenendo la nostra Nazione sotto i riflettori e sta provocando un clima molto teso che, come ha affermato il nostro Presidente Napolitano, “rischia di degenerare in guerriglia”.

Il nostro paese, grazie alle sue dimensioni, ha la fortuna di poter assicurare un rapporto più quotidiano e diretto tra i Cittadini e gli Amministratori. E’ necessario però che anche i cittadini si sforzino di non rivendicare solo i loro diritti, ma sappiano impegnarsi nell’adempimento dei loro doveri, altrimenti, un giudizio sprezzante che sa solo rivendicare può causare amarezza anche in chi è fedele al proprio mandato, costringendolo, alla fine, alla rinuncia.

 

I giovani

Il nostro paese, come tutti i paesi, ha una storia ricca di tradizioni che è giusto e doveroso salvaguardare. Ma le tradizioni non toccano solo il passato, e soprattutto non sono solo avvenimenti o celebrazioni da ripetere nel tempo. Tradizione è anche lo stile di vita che caratterizza un paese. Un esempio concreto è la stessa struttura del paese, che con la sua piazza centrale e i suoi giardini offre a tutti, soprattutto bambini e anziani, la possibilità di trascorrere il proprio tempo libero con gli altri.  Tuttavia, la strettissima vicinanza con la Città capoluogo, accanto ai tanti aspetti positivi, può presentare anche aspetti che minacciano la vivacità di un paese, soprattutto quando lo costringe a diventare periferia.

Inutile nascondere che sono soprattutto i più giovani ad essere affascinati dalla città per le varie possibilità di svago che offre. Bitritto non deve entrare in concorrenza con Bari, anzi può essere utile che i nostri giovani trovino nella città vicina la possibilità di nuovi incontri e di nuove amicizie. Tuttavia, il nostro paese non può fare a meno della loro presenza e, soprattutto deve garantire che il pendolarismo verso la città sia una scelta di opportunità e non la fuga da un paese che non offre nulla. Spesso, soprattutto d’inverno, diventa difficile per loro restare in paese senza cedere alla noia e allo sconforto. Dobbiamo impedire che il nostro paese si svuoti dei suoi giovani, rischiando di diventare un paese abitato solo da anziani.

Mi permetto, ancora una volta, di richiamare l’importanza, per una Amministrazione locale, di preoccuparsi maggiormente dei giovani, aiutandoli a non fuggire dal loro paese. Riconosco che non è facile trovare sempre soluzioni adeguate, ma una riflessione comune, porterà certamente qualche buona idea a riguardo.

 

Un paese che cresce

Bitritto sta conoscendo un’espansione territoriale non indifferente. La costruzione di nuovi quartieri ha già portato alla creazione di una nuova Parrocchia. C’è un errore che dovremmo evitare e per il quale la Città di Bari sta già pagando: quello di pensare solo ad costruire case senza preoccuparsi di spazi adeguati per incontri o per offrire servizi di prima necessità. L’aspetto economico, certamente importante per la vita di un paese, non può essere l’unico criterio. I nostri antenati non riuscivano ad immaginare il loro paese senza una piazza, dei giardini, le fontane, il mercato. Non dobbiamo, come altri paesi, creare “periferie” che alla fine diventano un’appendice al paese.

Sappiamo che molte delle famiglie che vengono ad abitare a Bitritto rimangono legate alla città di provenienza. A noi, comunque, rimane l’obbligo dell’accoglienza e del servizio. Anche a livello pastorale, non è facile far comprendere alle nuove famiglie che si sono insediate qui a Bitritto che esse vivono in un paese.  Si può affermare che, in questo caso c’è un concorso di colpa: loro fanno fatica ad integrarsi, ma noi non gli rendiamo facile l’inserimento.  Tuttavia, dobbiamo impegnarci, Comunità cristiana e Amministrazione locale, per favorire questo processo. Dobbiamo promuovere un più costante e capillare coinvolgimento di queste famiglie nella vita del nostro paese. La festa patronale può essere una felice occasione, ma non è sufficiente. Personalmente penso che sarà opportuno inserire nel prossimo Comitato Festa Patronale alcuni rappresentanti delle nuove famiglie che abitano a Bitritto. Potrebbe essere un piccolo passo verso questo processo di integrazione.  Ma altre iniziative devono essere attivate a questo proposito. Potrebbe essere utile, per esempio, proporre per loro l’esperienza nata dodici anni fa a Parigi, ma ormai sempre più diffusa in Europa: la “Festa dei vicini” che si celebra a fine maggio nelle grandi città.

 

Con queste mie semplici riflessioni, spero di non aver dato l’idea di chi ha la presunzione di dire agli Amministratori come devono amministrare.

Lo scopo di questo incontro e delle parole dette nasce solo dal desiderio di veder crescere questo paese, e nello stesso tempo dal senso di responsabilità che, come cristiano e come parroco sento di dover testimoniare. Anche per questo voglio preferisco concludere affidandomi alle parole di un grande Sindaco come Giorgio La Pira, che a proposito della città rivolge questo invito:

 

Amatela, quindi, come si ama la casa comune destinata a noi ed ai nostri figli. Custoditene le piazze, i giardini, le strade, le scuole; curatene con amore, sempre infiorandoli ed illuminandoli, i tabernacoli della Madonna, che saranno in essa costruiti; fate che il volto di questa vostra città sia sempre sereno e pulito. Fate, soprattutto, di essa lo strumento efficace della vostra vita associata: sentitevi, attraverso di essa, membri della stessa famiglia: non vi siano fra voi divisioni essenziali che turbino la pace e l’amicizia: ma la pace, l’amicizia, la cristiana fraternità, fioriscano in questa città vostra come fiorisce l’ulivo a primavera!

(La Pira, Discorso per l’inaugurazione per la nuova città dell’Isolotto,  6 novembre 1954)

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